L’Industria 5.0 è il nuovo volto dell’innovazione industriale. Si tratta di una filosofia che abbraccia l’intero ciclo produttivo, promuovendo un approccio olistico e sostenibile che mira a creare prodotti su misura rispondenti alle esigenze dei consumatori proteggendo allo stesso tempo l’ambiente; lo scopo è proprio quello di mettere persone e ambiente al centro del processo di produzione, grazie alle potenzialità delle nuove innovazioni tecnologiche.
L’industria 5.0 riconosce il potere dell‘industria di raggiungere obiettivi sociali, al di là dei posti di lavoro e della crescita, per diventare un fornitore di prosperità resiliente, facendo sì che la produzione rispetti i limiti del nostro pianeta e attribuisca massima importanza al benessere dei lavoratori.
Quella prospettata dall’industria 5.0 è una società che cerca di bilanciare lo sviluppo economico con la risoluzione dei problemi socio-ambientali, in cui le tecnologie vengono usate non solo per profitto ma per migliorare la qualità della vita di ogni cittadino; un modello di società e industria incentrato sull’uomo, con il ritorno di un tocco umano nel processo di produzione.
L’industria 5.0 è quindi un concetto che va oltre il mero aggiornamento tecnologico della produzione. Questa nuova rivoluzione industriale non è iniziata con un preciso evento, piuttosto, si è sviluppata gradualmente attraverso l’interazione tra innovazioni tecnologiche e cambiamenti socio-economici. Un significativo rapporto della Commissione Europea di gennaio 2021 ha eletto l’Europa come protagonista mondiale nella lotta al cambiamento climatico e nella promozione di un’economia circolare, delineando una visione ambiziosa in grado di velocizzare la transizione in direzione di un futuro in cui l’industria diventa il motore trainante della trasformazione verso un’economia verde e resiliente.
L’Industria 5.0, così come presentata nel rapporto della Commissione Europea, si caratterizza per umanocentricità, sostenibilità e resilienza. L’adozione di questi principi da parte delle aziende non solo migliorerà le loro prestazioni economiche, ma contribuirà anche a creare un futuro del lavoro più appagante e sicuro per tutti.
Umanocentricità: l’Industria 5.0 mette gli esseri umani al centro dei processi di produzione. La tecnologia viene utilizzata a servizio della qualità della vita dei cittadini e dei lavoratori, e non viceversa.
A differenza delle precedenti rivoluzioni industriali, che si concentravano sull’automazione e la massimizzazione della produzione, l’Industria 5.0 pone quindi le persone al centro. Le tecnologie vengono utilizzate per migliorare le capacità umane e non per sostituirle.
Un aspetto fondamentale dell’Industria 5.0 è l’attenzione al benessere dei lavoratori, con un focus sul miglioramento della qualità della vita lavorativa attraverso la riduzione della monotonia e del carico di lavoro gravoso tramite l’automazione intelligente. L’obiettivo è creare ambienti di lavoro più sicuri, più etici e più soddisfacenti, dove il contributo unico dell’essere umano è valorizzato e promosso.
Inoltre, c’è un tema di personalizzazione perché l’Industria 5.0 permette di realizzare prodotti e servizi personalizzati in base alle esigenze individuali dei clienti. Per fare un esempio, tecnologie come la stampa 3D e l’Internet of Things (IoT) consentono di produrre lotti di piccole dimensioni e di adattarsi alle richieste specifiche di ogni cliente.
L’Industria 5.0 punta alla creazione di un ambiente di lavoro collaborativo in cui le macchine e gli esseri umani lavorano insieme per raggiungere obiettivi comuni; fondamentali sono le innovazioni nei campi di intelligenza artificiale, robotica e realtà aumentata, che aiutano gli operatori a svolgere i loro compiti in modo più efficiente e sicuro.
Una delle conseguenze di tutto questo è un approccio più attento ai diritti fondamentali come la privacy, l’autonomia, la dignità umana. Un altro punto di forza è guidare e formare il lavoratore grazie alla tecnologia rispetto alle sue necessità anziché farlo adattare in tempi anche non-umani alle esigenze della tecnologia. La domanda chiave in sostanza diventa: cosa può la tecnologia fare per noi?
Sostenibilità: garantisce i bisogni delle generazioni attuali senza compromettere quelli delle generazioni future. Riutilizza e ricicla le risorse naturali o comunque ne evita l’esaurimento, ottimizza il consumo energetico e le emissioni, sviluppa processi circolari che riducono l’impatto ambientale delle proprie attività; riduzione che può avvenire grazie all’utilizzo di apposite tecnologie per ogni fase del ciclo di vita del prodotto/servizio, a partire dalla simulazione fino all’ottimizzazione della supply chain.
La forte enfasi sulla sostenibilità e sull’economia circolare punta, infatti, a minimizzare gli sprechi e l’impatto ambientale dei processi produttivi. Questo si traduce conseguentemente in un approccio che non mira soltanto all’efficienza economica, ma anche alla responsabilità ecologica e sociale, integrando pratiche eco-sostenibili in ogni fase della produzione.
Resilienza: capace di reagire ai cambiamenti improvvisi, anche traumatici, senza riportare conseguenze permanenti. Ha quindi sviluppato un alto grado di robustezza nella produzione, garantisce alti livelli di continuità operativa e disaster recovery, ha una capacità produttiva adattabile e processi commerciali flessibili, in grado di garantire prodotti e/o servizi anche in caso di pandemie, catastrofi naturali, cambiamenti geopolitici.
Alla luce dell’orientamento dell’Unione Europea, il Ministero delle Imprese e del Made in Italy ha approvato il 26 febbraio 2024 e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n.52 del 2 marzo 2024 un decreto Legge PNRR che presenta una serie di misure per promuovere la transizione verso un’economia più verde e sostenibile, prevedendo, assieme al già vigente 4.0, un piano da 12,7 miliardi di euro da destinare alle imprese nei prossimi due anni.
Sono dunque due gli assi di investimento:
- Transizione 5.0 (6,3 miliardi): a sostegno degli investimenti per la realizzazione di progetti di innovazione che determinano una riduzione – certificata – dei consumi energetici.
- Transizione 4.0 (6,4 miliardi): per finanziare, ma con agevolazioni minori, chi effettua investimenti in digitalizzazione senza efficientamenti energetici.
Le due misure non sono cumulabili. Il credito d’imposta Transizione 5.0 è invece cumulabile con altri incentivi che abbiano ad oggetto i medesimi costi, a condizione che il cumulo, tenuto conto anche della non concorrenza alla formazione del reddito e della base imponibile dell’imposta regionale sulle attività produttive di cui al periodo precedente, non porti al superamento del costo sostenuto.
Sempre per quanto riguarda Transizione 5.0, i progetti devono essere realizzati entro il 31 dicembre 2025 con investimenti (acquisto o leasing) in beni strumentali materiali (robot, macchine utensili, magazzini automatizzati) o immateriali (software), interconnessi ai sistemi di fabbrica, a condizione che questi determinino almeno una riduzione dei consumi. Dalla riduzione dei consumi deriva la percentuale di contributo in credito di imposta. Sono compresi anche software e applicazioni per il monitoraggio dei consumi e dell’energia autoprodotta connessi a meccanismi di efficienza energetica.
Sono quindi agevolabili i beni strumentali materiali e immateriali di questo tipo, previsti anche nel piano Transizione 4.0, inseriti all’interno di progetti di innovazione, che consentano come condizione aggiuntiva di ottenere una riduzione dei consumi energetici; il limite è di 50 milioni di euro per annualità per impresa.
I coefficienti previsti del credito d’imposta sono i seguenti (differenziati in base a classe di risparmio energetico e ammontare dell’investimento):
È però necessario un ulteriore approfondimento riguardante il fotovoltaico. Il piano Transizione 5.0 prevede di agevolare anche l’autoconsumo e autoproduzione di energia (quindi anche il fotovoltaico), solo se inserito all’interno di un progetto di innovazione trainato dall’acquisto di beni strumentali 4.0 per importi che permettano la riduzione dei consumi energetici. Pertanto, stando alla bozza del Decreto, una domanda con solo il fotovoltaico non è presentabile; sono infatti ammissibili solo i pannelli fotovoltaici che fanno parte di un progetto che comprende l’acquisto di un bene strumentale 4.0.
Gli impianti fotovoltaici rappresentano un investimento “accessorio” e limitato ai soli impianti basati su pannelli prodotti negli Stati membri dell’Unione europea con un’efficienza a livello di modulo almeno pari al 21,5 per cento (si tratta dei pannelli elencati nell’apposito registro Enea).
È prevista, inoltre, una maggiorazione rispettivamente del:
- 120% per i moduli fotovoltaici con celle, prodotti negli Stati membri dell’Unione europea con un’efficienza a livello di cella almeno pari al 23,5 per cento;
- 140% per i moduli prodotti negli Stati membri dell’Unione europea composti da celle bifacciali ad eterogiunzione di silicio o tandem prodotte nell’Unione europea con un’efficienza di cella almeno pari al 24,0 per cento.
Questa maggiorazione non è limitata al costo dei moduli, ma si estende al costo dell’intero impianto fotovoltaico. Sull’impianto fotovoltaico si può quindi arrivare ad un incentivo potenziale del 63% (in particolare, 45% di aliquota massima del Transizione 5.0 con la maggiorazione del 140% della base imponibile del costo dell’impianto).
Guardando ad un altro elemento da approfondire, rientrano nel beneficio le spese per la formazione del personale finalizzate all’acquisizione o al consolidamento delle competenze delle tecnologie rilevanti per la transizione digitale ed energetica dei processi produttivi, con i seguenti limiti:
- costo ammissibile fino al 10% del totale progetto 5.0 agevolato, fino comunque ad un massimo di 300 mila euro;
- le spese devono essere erogate a condizione che le attività formative siano erogate da soggetti esterni, per i quali sarà previsto un apposito albo.
Guardando agli aspetti operativi, per l’accesso al contributo 5.0 è necessaria un’istanza da presentare al Ministero delle Imprese e del Made in Italy che prevede la doppia certificazione energetica a cura di un valutatore indipendente: una prima certificazione descrive lo stato dei consumi prima dell’investimento ed una seconda certificazione assevera i consumi una volta terminati gli investimenti, così da dimostrare il miglioramento energetico.
Le spese di consulenza per le certificazioni verranno riconosciute al 100% nel credito d’imposta, in aggiunta alla percentuale della tabella precedente, sino ad un massimo di 10 mila euro. Anche l’effettivo sostenimento delle spese ammissibili dovrà essere certificato da un soggetto abilitato alla revisione dei conti. Le imprese non obbligate per legge alla revisione legale dei conti potranno aggiungere 5 mila euro al credito d’imposta per mitigare l’impatto delle spese di certificazione contabile.
Il credito potrà essere utilizzato sul modello F24, in un’unica rata, tassativamente entro il 31 dicembre 2025. L’eccedenza non compensata entro questa data potrà essere riportata in avanti, ma solo in cinque rate annuali di pari importo. Il credito non può essere ceduto a terzi.
Si è ancora in attesa di due decreti attuativi riguardanti gli aspetti tecnici di applicazione del bando (soprattutto per ciò che riguarda le modalità di trasmissione delle comunicazioni e delle certificazioni e il relativo portale di cui dovrà dotarsi il ministero, i requisiti dei certificatori e quelli dei formatori).
L’obiettivo del piano promosso dal governo italiano è favorire investimenti innovativi, digitali ed ecologici per sostenere la competitività delle imprese
Se ne riassumono qui di seguito le principali caratteristiche:
- destinatari del credito d’imposta: tutte le imprese residenti in Italia possono richiedere il credito d’imposta, indipendentemente dalla loro forma giuridica, dimensione e settore;
- investimenti ammissibili: le spese agevolabili devono essere sostenute tra il 2024 e il 2025 e devono rispettare i requisiti del piano Industria 4.0. Inoltre, devono garantire un risparmio energetico minimo del 3% sul totale dei consumi o del 6% sul processo che è oggetto dell’investimento;
- aliquote del credito d’imposta: le aliquote variano in base all’efficienza raggiunta con l’investimento e all’ammontare dello stesso. Si va dal 45% al 15%, con un massimo del 63% per gli investimenti che includono anche moduli fotovoltaici all’interno del progetto (non sono infatti ammessi investimenti riguardanti solo impianti fotovoltaici);
- classi di risparmio: come sopra ricordato, il coefficiente di credito d’imposta sulla spesa sostenuta che si può ottenere è tanto maggiore quanto più alta è la percentuale di riduzione dei consumi energetici realizzata. Per ottenere il massimo beneficio, le aziende devono ridurre i propri consumi, con riferimento all’intera struttura produttiva o al processo interessato, rispettivamente del 10% e del 15%.
Si può notare quindi che il governo italiano ha per il momento focalizzato la sua interpretazione di Industria 5.0 principalmente sulla questione del risparmio energetico, probabilmente perché si tratta di un ambito dotato di un maggior numero di indicatori oggettivamente misurabili, quindi più adatto ai fini del contributo.
Il concetto di Industria 5.0, tuttavia, è significativamente più ampio, e la effettiva portata di questo cambiamento risulterà sempre più evidente nel corso dei prossimi anni; ci si attende quindi una futura evoluzione ed espansione degli incentivi da parte dei governi a tal fine, includendo anche aspetti al momento non presenti nel contributo, per come attualmente è stato predisposto.
In chiusura di questo articolo, si desidera fornire una panoramica di ciò che differenzia il concetto di Industria 5.0 da quello di Industria 4.0.
Industria 4.0 è sinonimo di quarta rivoluzione industriale: si tratta di un paradigma basato sull’Internet of Things e la comunicazione di dati in tempo reale per una fabbrica ubiqua, fisica e virtuale nello stesso tempo, che ha apportato le grandi innovazioni legate all’automazione e all’interconnessione delle macchine.
Al centro dell’Industria 5.0 c’è invece la cooperazione uomo-macchina, dove i lavoratori assumono un ruolo centrale non solo come supervisori, ma anche come collaboratori attivi dei robot e dei sistemi intelligenti. Questo richiede nuove competenze e modalità di lavoro, con una maggiore enfasi sulla creatività, la risoluzione dei problemi e il lavoro in team.
L’industria 5.0, quindi, non è tanto una rivoluzione tecnologica quanto culturale: è un paradigma focalizzato sulle persone e sull’ambiente, quindi su qualità della vita e sostenibilità al centro del processo di produzione, con il supporto delle tecnologie dell’Industria 4.0.
L’Industria 5.0 non rappresenta di conseguenza semplicemente un passaggio evolutivo dall’Industria 4.0, ma piuttosto una riflessione sulla direzione presa. Sebbene la quarta rivoluzione industriale abbia prioritariamente puntato sulla digitalizzazione e sull’efficienza dei processi, la quinta rivoluzione mette in risalto il ruolo dei lavoratori e l’importanza di una transizione verso modelli più sostenibili. Di conseguenza, questa nuova forma d’industria mira soprattutto a garantire una collaborazione sinergica tra esseri umani e macchine, ponendo le basi per un futuro in cui la tecnologia sia al servizio del benessere di tutti. L’Industria 5.0 renderà così le aziende co-responsabili del miglioramento della società e del pianeta, oltre che più attraenti per nuovi investitori e consumatori, in un’ottica di lungo termine.
Nell’Industria 5.0, il lavoratore viene considerato un investimento, che consente all’impresa di crescere e favorire l’adattabilità dei processi produttivi. Viene quindi formato, responsabilizzato e coinvolto nella progettazione e nell’esecuzione delle nuove tecnologie industriali. Viene sollevato dai compiti più ripetitivi e pericolosi, svolti dai robot, e stimolato a mettere a frutto le proprie capacità. L’Industria 5.0 utilizza le nuove tecnologie per rendere più sicuri e inclusivi gli ambienti di lavoro, per aiutare i lavoratori a controllare e gestire meglio i rischi di burnout del lavoro digitalizzato, per ridurre l’impatto ambientale. Si assicura che l’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale non mini la dignità del lavoratore e garantisce la possibilità di ricevere sempre una spiegazione di una decisione algoritmica in caso di violazione.
Per queste ragioni, uno dei focus dell’Industria 5.0 è l’automazione intelligente, che abilita macchine e robot a prendere decisioni autonome in base a dati in tempo reale e analisi avanzate. Questo permette di ottimizzare la produzione in modo dinamico, adattandosi alle fluttuazioni della domanda e alle variazioni delle condizioni operative. I processi decisionali autonomi consentono inoltre di identificare e risolvere potenziali problemi in modo precoce, prevenendo interruzioni e garantendo una maggiore efficienza e affidabilità. L’automazione intelligente non si limita solo alle attività fisiche di produzione, ma si estende anche ai processi decisionali strategici e gestionali.
Concludendo, l’obiettivo principale dell’Industria 5.0 è quello di incrementare la produttività e la creatività all’interno di un ambiente di lavoro più flessibile, efficiente e umano-centrico. Questo si traduce in:
- Maggior spazio alla creatività e all’ingegno umano
Ora la tecnologia è progettata dall’inizio per essere messa totalmente a sostegno delle capacità dei lavoratori, non per sostituirli;
- Prodotti e servizi più personalizzati
Le nuove tecnologie permetteranno di creare prodotti e servizi su misura per le esigenze individuali dei clienti;
- Maggiore flessibilità e adattabilità
I sistemi produttivi saranno in grado di adattarsi più rapidamente alle mutevoli esigenze del mercato e alle fluttuazioni della domanda;
- Aumento dell’efficienza
Le macchine svolgeranno in modo rapido compiti ripetitivi e faticosi, permettendo ai lavoratori di concentrarsi su attività a più alto valore aggiunto ed aiutandoli a prendere decisioni più informate e tempestive, grazie anche ai progressi nell’intelligenza artificiale;
- Maggiore sicurezza e inclusività
I robot collaborativi e i sistemi di sicurezza avanzati contribuiranno a ridurre al minimo i rischi di incidenti e a rendere più accoglienti i posti di lavoro;
- Minore impatto ambientale
L’utilizzo di tecnologie ecocompatibili e l’adozione di principi di economia circolare contribuiranno a ridurre l’impatto ambientale delle attività produttive.